Cervelli in fuga tornano in Italia: le storie di 9 biologi molecolari premiati con 1 milione in borse di studio
Posted On June 30, 2016
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Un milione di euro per portare i migliori giovani ricercatori delle Marche a lavorare per due anni negli Usa. Ci sarà anche il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin il 7 luglio ad Ancona ad ascoltare le storie dei 9 ricercatori di Biologia Molecolare vincitori delle borse di studio finanziate dalla Fondazione Marche grazie al programma di Post-Doc Fellowship messo in atto dal 2012 al 2015 in collaborazione con ISSNAF, la fondazione che riunisce 4mila scienziati italiani in Nord America.
C’è chi è tornato a fare ricerca nelle Marche, chi ha trovato nuove opportunità a Milano, chi è rimasto negli Usa proseguendo autonomamente i progetti di ricerca, chi ha firmato articoli su importanti riviste scientifiche. Una storia di “cervelli” che partono, ma poi ritornano a casa portando con sé saperi e contatti, che sarà raccontata giovedì 7 luglio ad Ancona nell’evento “Dall’Italia all’America, andata e ritorno”.
L’appuntamento, aperto al pubblico, è alle ore 16.30 alla Mole Vanvitelliana: a parlare saranno i protagonisti del programma, borsisti e tutor, che racconteranno come sia possibile intrecciare rapporti virtuosi tra le due sponde dell’Oceano Atlantico, costruendo ponti e innescando collaborazioni che portano vantaggi sia ai centri di ricerca italiani sia a quelli americani. Un’occasione di costruttivo confronto che coinvolgerà anche istituzioni e imprenditori, che ragioneranno anche di come proseguire il cammino con nuove proposte per valorizzare le potenzialità della ricerca fra Marche e Usa.
Per ciascuna borsa di studio il contributo di Fondazione Marche è stato di circa 100 mila euro. Per tre ricercatori che hanno portato avanti progetti orientati allo sviluppo di startup nel settore delle biotecnologie, la fellowship è stata prolungata per una terza annualità, con un contributo del 50% delle spese da parte di Fondazione Marche.
LE STORIE: DAI MICRO INTESTINI ALLO STUDIO DI RNA E TUMORI, UN PONTE DI RICERCA TRA ITALIA E USA
Tante le storie di successo: come quella di Francesca D’Addio, medico quarantenne di Fano, dopo tre anni al Boston Children's Hospital dove ha trovato come tutor il professor Paolo Fiorina, insieme a lui ha dato vita al San Raffaele di Milano a un laboratorio, il primo in Italia ad applicare la tecnica dei “mini gut”. «Sono mini intestini creati in vitro che crescono a partire da una cellula staminale singola – racconta D’Addio –. Qui al San Raffaele ho potuto dar vita al primo laboratorio che applica questa tecnica nel nostro Paese. Si isolano le cellule staminali dell’intestino del paziente, si mettono in coltura e cresce un “mini gut”, dalla cui morfologia si può capire che cosa non va nelle staminali dell’intestino».
Bruna Corradetti, biologa nata a Castignano (Ascoli Piceno) nel 1981 e ricercatrice all’Università Politecnica delle Marche, ha lavorato nel dipartimento di nanomedicina dello Houston Methodist Research Institute, con il professor Mauro Ferrari come tutor. «Dalle ricerche sono nate più di 10 pubblicazioni scientifiche – racconta Corradetti –. Con il professor Ferrari ho realizzato dei programmi quadro fra l’Università Politecnica delle Marche e lo Houston Methodist Research Institute, grazie ai quali ora gli studenti dell’UniPM possono trasferirsi per brevi periodi di studio a Houston durante il corso di laurea».
Chiara Ardiccioni, nata nel 1983 a Macerata e laureata in Fisica alla Sapienza, ora vive e lavora a New York. Qui nel 2011 è volata con la borsa triennale di Fondazione Marche, per fare ricerca nel laboratorio del professor Mancia al Department of Physiology & Cellulare Biophysics della Columbia University. Esperienza culminata nel 2016 con la pubblicazione, da prima firmataria, di un articolo sulla rivista Nature Communications. «Ora sono in una fase di cambiamento – racconta –. Voglio orientarmi al mondo dell’impresa, per questo sto facendo colloqui in tutto il mondo presso aziende farmaceutiche».
Portare famiglia e affetti al di là dell’Oceano per seguire la propria realizzazione professionale attraverso la ricerca sui tumori. È quanto ha fatto Lucia Casadei, ricercatrice di Urbino che dal 2012 lavora alla Ohio State University di Columbus, in Ohio, dove è arrivata grazie alla borsa di studio promossa da Fondazione Marche. «Ho avuto la fortuna di avere come tutor il professor Carlo Maria Croce, un luminare della biomedicina, specializzato nei microRNA nei tumori – spiega Casadei –. Ho proposto un progetto in collaborazione con il grande professor Raphael Pollock, ora studio i microRNA nei sarcomi, in collaborazione fra i due laboratori di Croce e di Pollock».
MERLONI (FONDAZIONE MARCHE): ECCELLENTE SVILUPPO DELLA FARMACEUTICA
«Assistiamo nelle Marche ad un eccellente sviluppo di attività di grandi e piccole aziende nel campo farmaceutico – afferma Francesco Merloni presidente di Fondazione Marche –. La ricerca è alla base di ogni nuovo prodotto e dello sviluppo di iniziative imprenditoriali. La Fondazione Marche in collaborazione con ISSNAF ha cercato di favorire la preparazione di giovani talenti nei migliori laboratori Usa nello specifico indirizzo innovativo di Biologia Molecolare. Questo incontro è stato organizzato per ascoltare dai protagonisti le loro esperienze e le loro prospettive di futuro». «Per noi questo progetto è stato un altro passo nella costruzione di ponti fra gli scienziati italiani che hanno intrapreso la carriera in Nord America e quelli che continuano a lavorare in Italia – è il commento di Vito M. Campese, presidente di ISSNAF –. Il vantaggio è reciproco: la ricerca non conosce confini, e se i borsisti italiani hanno potuto lavorare ai massimi livelli della ricerca mondiale in cambio biomedico, i nostri tutor hanno avuto a disposizione persone competenti e ottimamente preparate dalle Università italiane, con cui hanno potuto intrecciare rapporti che durano ancora oggi».
L’appuntamento, aperto al pubblico, è alle ore 16.30 alla Mole Vanvitelliana: a parlare saranno i protagonisti del programma, borsisti e tutor, che racconteranno come sia possibile intrecciare rapporti virtuosi tra le due sponde dell’Oceano Atlantico, costruendo ponti e innescando collaborazioni che portano vantaggi sia ai centri di ricerca italiani sia a quelli americani. Un’occasione di costruttivo confronto che coinvolgerà anche istituzioni e imprenditori, che ragioneranno anche di come proseguire il cammino con nuove proposte per valorizzare le potenzialità della ricerca fra Marche e Usa.
Per ciascuna borsa di studio il contributo di Fondazione Marche è stato di circa 100 mila euro. Per tre ricercatori che hanno portato avanti progetti orientati allo sviluppo di startup nel settore delle biotecnologie, la fellowship è stata prolungata per una terza annualità, con un contributo del 50% delle spese da parte di Fondazione Marche.
LE STORIE: DAI MICRO INTESTINI ALLO STUDIO DI RNA E TUMORI, UN PONTE DI RICERCA TRA ITALIA E USA
Tante le storie di successo: come quella di Francesca D’Addio, medico quarantenne di Fano, dopo tre anni al Boston Children's Hospital dove ha trovato come tutor il professor Paolo Fiorina, insieme a lui ha dato vita al San Raffaele di Milano a un laboratorio, il primo in Italia ad applicare la tecnica dei “mini gut”. «Sono mini intestini creati in vitro che crescono a partire da una cellula staminale singola – racconta D’Addio –. Qui al San Raffaele ho potuto dar vita al primo laboratorio che applica questa tecnica nel nostro Paese. Si isolano le cellule staminali dell’intestino del paziente, si mettono in coltura e cresce un “mini gut”, dalla cui morfologia si può capire che cosa non va nelle staminali dell’intestino».
Bruna Corradetti, biologa nata a Castignano (Ascoli Piceno) nel 1981 e ricercatrice all’Università Politecnica delle Marche, ha lavorato nel dipartimento di nanomedicina dello Houston Methodist Research Institute, con il professor Mauro Ferrari come tutor. «Dalle ricerche sono nate più di 10 pubblicazioni scientifiche – racconta Corradetti –. Con il professor Ferrari ho realizzato dei programmi quadro fra l’Università Politecnica delle Marche e lo Houston Methodist Research Institute, grazie ai quali ora gli studenti dell’UniPM possono trasferirsi per brevi periodi di studio a Houston durante il corso di laurea».
Chiara Ardiccioni, nata nel 1983 a Macerata e laureata in Fisica alla Sapienza, ora vive e lavora a New York. Qui nel 2011 è volata con la borsa triennale di Fondazione Marche, per fare ricerca nel laboratorio del professor Mancia al Department of Physiology & Cellulare Biophysics della Columbia University. Esperienza culminata nel 2016 con la pubblicazione, da prima firmataria, di un articolo sulla rivista Nature Communications. «Ora sono in una fase di cambiamento – racconta –. Voglio orientarmi al mondo dell’impresa, per questo sto facendo colloqui in tutto il mondo presso aziende farmaceutiche».
Portare famiglia e affetti al di là dell’Oceano per seguire la propria realizzazione professionale attraverso la ricerca sui tumori. È quanto ha fatto Lucia Casadei, ricercatrice di Urbino che dal 2012 lavora alla Ohio State University di Columbus, in Ohio, dove è arrivata grazie alla borsa di studio promossa da Fondazione Marche. «Ho avuto la fortuna di avere come tutor il professor Carlo Maria Croce, un luminare della biomedicina, specializzato nei microRNA nei tumori – spiega Casadei –. Ho proposto un progetto in collaborazione con il grande professor Raphael Pollock, ora studio i microRNA nei sarcomi, in collaborazione fra i due laboratori di Croce e di Pollock».
MERLONI (FONDAZIONE MARCHE): ECCELLENTE SVILUPPO DELLA FARMACEUTICA
«Assistiamo nelle Marche ad un eccellente sviluppo di attività di grandi e piccole aziende nel campo farmaceutico – afferma Francesco Merloni presidente di Fondazione Marche –. La ricerca è alla base di ogni nuovo prodotto e dello sviluppo di iniziative imprenditoriali. La Fondazione Marche in collaborazione con ISSNAF ha cercato di favorire la preparazione di giovani talenti nei migliori laboratori Usa nello specifico indirizzo innovativo di Biologia Molecolare. Questo incontro è stato organizzato per ascoltare dai protagonisti le loro esperienze e le loro prospettive di futuro». «Per noi questo progetto è stato un altro passo nella costruzione di ponti fra gli scienziati italiani che hanno intrapreso la carriera in Nord America e quelli che continuano a lavorare in Italia – è il commento di Vito M. Campese, presidente di ISSNAF –. Il vantaggio è reciproco: la ricerca non conosce confini, e se i borsisti italiani hanno potuto lavorare ai massimi livelli della ricerca mondiale in cambio biomedico, i nostri tutor hanno avuto a disposizione persone competenti e ottimamente preparate dalle Università italiane, con cui hanno potuto intrecciare rapporti che durano ancora oggi».