
Una volta i libri erano il rifugio economico degli spiriti inquieti. Bastava una manciata di euro per portarsi a casa un mondo intero. Si diceva, con romanticismo un po’ ingenuo, che leggere fosse il passatempo dei poveri intelligenti. Ma oggi qualcosa è cambiato. Basta entrare in libreria, anche solo per curiosare, e ci si accorge che la carta profuma ancora, sì, ma anche pesa — non solo tra le mani, ma nel portafoglio.
Un romanzo tascabile supera facilmente i 18 euro. Un saggio ben fatto arriva a 22. Un titolo illustrato o una graphic novel può sfiorare i 30. A quel punto, vien naturale porsi una domanda: quando è successo che leggere un libro è diventato un lusso? E soprattutto: è davvero inevitabile?
Il prezzo della carta e quello della cultura
È vero, tutto costa di più. La filiera editoriale non è esente dalla logica inflattiva che ha colpito carta, trasporti, energia. La carta, in particolare, ha registrato aumenti vertiginosi negli ultimi anni, con punte del 50%. E la stampa non è solo carta: è inchiostro, rilegatura, distribuzione, logistica.
C’è poi la filiera digitale, che, contrariamente a quanto si pensa, non è affatto gratuita. L’ebook costa meno, ma non quanto ci si aspetterebbe. Perché l’editing, la traduzione, il lavoro grafico e il marketing restano identici. E perché le grandi piattaforme impongono percentuali alte a chi pubblica.
Quindi sì, il libro oggi è più caro. Ma il vero punto non è tanto il rincaro in sé. È il valore percepito che ci attribuiamo — o non attribuiamo — alla cultura.
Un mondo che pesa sul tempo, non solo sul prezzo
C’è un’altra forma di inflazione, più subdola, meno visibile: quella del tempo e dell’attenzione.
Oggi un libro compete con tutto. Con i social, con Netflix, con YouTube, con i podcast. E anche con lo smartphone, che ci segue in bagno e a letto come un compagno silenzioso.
Leggere è diventato un atto controtempo, quasi una forma di resistenza. E forse, anche per questo, è meno diffuso. Non perché i libri costino troppo, ma perché siamo noi a non riuscire più a dargli il tempo che meritano.
Allora, quando finalmente decidiamo di prenderci quel tempo, lo vogliamo investire bene. E magari, proprio per questo, siamo disposti a pagare un libro quanto una cena fuori. Ma solo se ne vale la pena. Ecco dove si apre la questione vera.
Quando il libro si trasforma in oggetto di status
C’è qualcosa, oggi, che ha allontanato il libro dalla sua natura più popolare. Alcune edizioni sembrano fatte più per essere esposte su uno scaffale Instagram-friendly che per essere lette davvero.
Copertine patinate, grafica di design, finti bordi dorati, titoli in rilievo. Edizioni limitate, box da collezione, packaging curati come se si trattasse di profumi.
Il libro si estetizza, si nobilita, ma anche si allontana. E lo fa non solo nel prezzo, ma nel concetto. Diventa un prodotto aspirazionale, una scelta di stile più che di contenuto. E chi non ha quei 22 euro da spendere, o non vuole spenderli a scatola chiusa, resta fuori.
La libreria come boutique, la biblioteca come rifugio
Le librerie indipendenti resistono, e anzi si reinventano. Organizzano eventi, reading, presentazioni, gruppi di lettura. Ma sempre più spesso somigliano a piccole boutique dell’editoria: selezionate, eleganti, curate. Non per tutti, non sempre.
Nel frattempo, le biblioteche vivono un paradosso. Offrono accesso gratuito a migliaia di titoli, propongono iniziative culturali, accolgono studenti e lettori seriali. Eppure vengono trascurate, sottofinanziate, dimenticate. Come se la gratuità le rendesse invisibili, o meno desiderabili.
Eppure è lì che la cultura continua a circolare senza chiedere il PIN della carta di credito. Lì, forse, che si dovrebbe tornare a guardare.
Chi può permettersi di leggere oggi?
Non si parla abbastanza di questo.
Per un giovane precario, un libro da 22 euro non è un acquisto leggero. Per una famiglia con figli, comprare un titolo a settimana può diventare un lusso. Per un lettore forte con una media di 4-5 libri al mese, la spesa può superare quella per il cinema o il ristorante.
E se la cultura è un diritto, se leggere è ancora un pilastro dell’educazione e dell’identità personale, non possiamo accettare che diventi un’attività d’élite.
Non basta dire che ci sono le offerte, i mercatini, gli ebook. Serve una riflessione strutturale: sul ruolo del libro nella società, su chi ci lavora, su come si sostiene davvero un’editoria pluralista, accessibile, sostenibile.
Il valore di una pagina che ti resta dentro
Poi, certo, c’è l’altra faccia. Quella che ci fa spendere 18 euro senza pensarci due volte se un libro ci ha cambiato la giornata. Se ci ha fatto piangere o ridere da soli su una panchina. Se ci ha dato una frase che abbiamo sottolineato, e che ci torna in mente settimane dopo.
E in quei casi, nessuna pizza, nessun cocktail artigianale regge il confronto. Un libro che ti tocca vale tutto. Vale anche di più. Ma deve toccarti davvero. Deve arrivare in un momento giusto, dire qualcosa che nessun altro dice, in quel modo lì.
Ed è questo, forse, che dobbiamo ritrovare: il desiderio di scegliere bene, di ascoltare i consigli di un libraio, di sfogliare prima di acquistare. Di comprare meno, ma leggere meglio.